Il 23 febbraio 2020 a Milano e in altre città il tempo si è fermato. Ci hanno chiesto, con provvedimenti via via più restrittivi, di rinunciare alle libertà di cui avevamo goduto dalla nascita e che avevamo sempre dato per scontate. Ad inizio marzo le limitazioni sono state estese a tutta Italia e abbiamo iniziato ad interrogarci sulla tenuta economica, sui risvolti sociali e psicologici, abbiamo cominciato ad indossare mascherine e guanti, a fare la fila per entrare in un supermercato e a chiederci quando e se riavremmo avuto indietro la nostra vita.
Con il passare dei giorni chi è anche genitore ha iniziato a guardare i propri figli e a chiedersi che cosa gli stesse passando per la testa, come comunicare con loro, come spiegargli che cosa stava succedendo.
Anche i bambini sono protagonisti di ciò che accade in questi giorni e non solo spettatori.
Anche i bambini si sono trovati da un momento all’altro rinchiusi in casa, con una programmazione della giornata completamente nuova e diversa da quella che avevano prima, con molto tempo da passare con i loro genitori e nessuno spazio di gioco con i loro amici, nessuna possibilità di incontro con i loro nonni, i loro zii, i loro cugini.
I genitori hanno iniziato a chiedersi e a chiederci: quali saranno le conseguenze sui miei figli? Che cosa posso fare per aiutarli in questo periodo? Che cosa succederà dopo?
Quali strumenti possono avere i genitori per essere loro in prima linea a gestire le emozioni dei loro figli?
Lo scenario attuale
Nessuno poteva ipotizzare ciò che stiamo vivendo. I bambini si sono ritrovati di fronte ad un isolamento forzato, con una richiesta di autonomia e responsabilità altissima rispetto a quella a cui erano preparati: abbiamo chiesto loro di occuparsi della sopravvivenza. Gli abbiamo chiesto di proteggere l’umanità oltre che se stessi. Le informazioni a cui sono stati esposti sono molto allarmanti: all’improvviso sentono parlare mamma e papà di contagio, contaminazione, morte, malattia. E vedono i loro genitori, che sono gli unici modelli di rispecchiamento emotivo disponibili in questo periodo, spaventati, allarmati, disarmati.
I bimbi, per la loro struttura mentale, necessitano di rispecchiamento emotivo multiplo poiché riescono a leggersi meglio rispecchiandosi con gli altri e, all’improvviso, sono stati privati di relazioni che prima erano significative, amici, maestre, nonni. Nonni che magari sono anche venuti a mancare a causa del virus.
I bambini sono soggetti abitudinari, che attraverso la routine riescono a prevedere. I loro programmi si sono interrotti da un momento all’altro, hanno perso la routine. Le loro giornate, prima molto strutturate, ora sono lente, imprevedibili e i genitori, anche se ci sono, non sono sempre disponibili. Inoltre, i bambini non hanno una visione del tempo uguale all’adulto, per orientarsi hanno bisogno di riferimenti precisi: la fine della giornata, il weekend, le vacanze estive. Ora non hanno elementi che li aiutino a prevedere la fine, gliela stiamo promettendo ma è molto difficile per loro immaginarsela.
È chiaro che trovarsi a vivere uno scenario di questo tipo li faccia sentire totalmente persi.
Le emozioni in gioco
È innegabile che in questo periodo molti bambini stiano vivendo una situazione piacevole, perché si sono ritrovati a casa con i genitori e hanno messo da parte le sensazioni di disagio che erano causate dall’andare a scuola o dallo svolgimento di altre attività (un’attività sportiva poco gradita, il catechismo vissuto come un obbligo faticoso, la relazione burrascosa con il compagno di banco, la lezione di musica fatta controvoglia…). È altrettanto vero, purtroppo, che tanti bambini che trovavano nella scuola e nelle relazioni fuori casa un appiglio salvifico, si trovino ora a convivere con i propri carnefici, in situazioni di grande disagio e sofferenza.
Qualunque sia la condizione abitativa, il ventaglio di emozioni che si presenta nei nostri bambini è variegato, e nel corso delle settimane si è ulteriormente articolato. Nella prima fase può esserci stata gioia, entusiasmo (finalmente vacanza!), il non dover più andare a scuola, il non dover più separarsi dai genitori… pian piano si sono presentate, però, anche paura, angoscia, ansia, rabbia, delusione (mamma e papà devono lavorare), frustrazione, noia, inadeguatezza, incomprensione.
Ora stiamo entrando nella cosiddetta “fase 2” e possiamo aspettarci altrettante emozioni quando, ad un certo punto, la porta di casa si aprirà: potrebbe arrivare l’ansia da contaminazione, l’idea di non essere più protetti, il timore di ammalarsi, di far ammalare, l’ansia da separazione, un’elevata sensibilità al giudizio (devo riconfrontarmi con diversi altri soggetti, non più solo con mamma e papà), molta eccitazione, diffidenza, depressione, apatia, senso di vuoto, smarrimento.
I genitori ci raccontano di alti e bassi, parlano di regressioni. Ma davvero possiamo chiamare regressioni l’unico modo che i nostri figli hanno di esternare le proprie emozioni e per chiederci aiuto, farsi sentire, chiedere protezione e rassicurazione? Guardiamo ai nostri figli da un’altra prospettiva, agiamo resilienza! Cos’è la resilienza? È la capacità di essere flessibili al cambiamento, è ciò che ci permette di elaborare piani di azione efficaci. Il Covid-19 ci dà questa opportunità, un tempo per stare, un tempo di relazione con i nostri bambini che difficilmente riusciremo ad avere. Come possiamo agire resilienza in questo tempo? Attraverso un’educazione emotiva che diventerà una risorsa fondamentale per affrontare gli effetti che si verificheranno nei prossimi mesi.
I benefici di un’educazione emotiva
La capacità di emozionarci è innata ma la competenza emotiva va allenata, educata. Un bambino con una buona educazione emotiva saprà riconoscere i propri stati emotivi, non si sentirà inadeguato, riuscirà a conoscere e riconoscere le situazioni, quali sono le sue attivazioni corporee e saprà reagire in modo costruttivo alla situazione.
I benefici di una buona educazione emotiva sono indiscussi: consapevolezza di sé, autostima e fiducia in sé, empatia e abilità sociali.
Linee guida per i genitori
Ogni genitore è il miglior esperto del proprio bambino, perché è lui che lo conosce e in questo momento è la più grande risorsa in campo, poiché è l’unico modello emotivo in cui il bambino si può rispecchiare.
Che cosa può fare concretamente per sostenere i propri figli e allenarli a un’educazione emotiva?
- Accogliere l’emozione, per entrare in sintonia empatica con i propri bambini: ciò che stai provando va bene, è normale. I bambini hanno il diritto di provare quello che stanno provando e solo con questo atteggiamento di accoglienza gli insegniamo a fare altrettanto.
- Convalidare l’ emozione, per farli sentire il più possibile compresi. Attenzione, però: questo non significa essere permissivi, vanno accettate le emozioni, non i comportamenti negativi. Come convalidare l’emozione? Innanzitutto attraverso il rispecchiamento emotivo (sai, anche io mi sento triste quando…) e poi tramite un arricchimento del loro lessico emotivo di significato e di intensità (es. fastidio/rabbia/collera)
- Contenere fisicamente, perché un bambino in preda a forti attivazioni fisiche è una bomba pronta ad esplodere e che dobbiamo contenere. Come? Innanzitutto diciamogli che lui non è sbagliato, è normale sentire quell’emozione ed è per quello che noi siamo li, per aiutarlo. Abbracciarlo finché il vortice emotivo non passa permette di contenere l’energia, il bambino si sente più rasserenato, (“non sono cosi cattivo se riesco a stare tra le braccia di mamma o papà”) e, inoltre, quando abbracciamo il nostro bimbo per almeno 30 secondi attiviamo in lui gli ormoni del piacere che hanno l’effetto di abbassare gli ormoni dello stress. Attenzione: il contenimento con l’abbraccio è da fare solo se riusciamo davvero ad essere più forti del bambino, che altrimenti percepirà che nemmeno il genitore è in grado di stare con lui quando si sente così.
- Anticipare il rischio, perché se io conosco mio figlio so che cosa più facilmente lo porta alla crisi. La fame? Il sonno?
- Allenare la neocorteccia, la parte del cervello preposta al ragionamento e al problem solving, nella quotidianità. Educare i bambini a fare cose da soli, come versarsi l’acqua nel bicchiere, risolvere delle cose senza anticiparli. Stimolarli all’immedesimazione attraverso i libri o le situazioni che capitano nella quotidianità (“E se tu fossi quella persona/personaggio come ti sentiresti? Che cosa faresti?”).
- Riconoscere i propri limiti, perchè questo periodo mette tanto alla prova, se un genitore va in crisi è importante che sappia fare un passo indietro: allontanarsi fisicamente in un’altra stanza può essere una strategia. E se scappano reazioni verbali forti, quando ci si calma è importante chiedere scusa: dire ai bambini che non hanno sbagliato a tirare fuori quell’emozione, ma siamo stati noi a sbagliare nel tirare fuori le nostre in quel modo.
Consigli per i genitori ai tempi del Covid-19
- Non esporre i bambini a contatto diretto con le informazioni. I bambini non hanno strumenti per decodificarle, sono rivolte ad adulti, per cui non esporre alla fonte diretta. No ai numeri;
- Usare un linguaggio semplice, comprensibile, accertarci che il bambino abbia capito che cosa sta succedendo e perché stiamo vivendo con queste limitazioni;
- Non mostrarsi spaventati perché diventiamo automaticamente spaventanti. Questo non significa nascondere e reprimere le proprie emozioni, dobbiamo riuscire a condividere i nostri stati emotivi in maniera più strutturata e costruttiva (“Sai che anche io ho un po’ paura di questa situazione…”);
- Mettere enfasi su ciò che di positivo c’è stato (“Però che bello poter stare insieme questo tempo…”);
- Dare elementi su come poter gestire il dopo ;
- Garantire gioco e libertà di espressione attraverso varie forme artistiche e la lettura di albi illustrati.